CULTURA:
In uno scontro tra fazioni rivali, la sera del 28 maggio 1606, in Campo Marzio, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio colpisce a morte un avversario, Ranuccio Tomassoni e, ancorché ferito, si dà alla fuga, inseguito da un bando capitale; il che significava che chiunque poteva, nelle terre pontificie, eseguire immediatamente una sentenza di morte. Resta per qualche tempo nascosto nella cittadella della fortezza di Paliano, grazie alla protezione di Don Marzio Colonna duca di Zagarolo, tutore dell’undicenne Marcantonio IV detto il Contestabilino, signore di Paliano e Tagliacozzo, e della marchesa di Caravaggio, Costanza Colonna. Non rivedrà più Roma.
In questo momento buio della sua esistenza Caravaggio fece quello che aveva sempre fatto. Riprese subito a lavorare. Era istintivo, parte della sua vita. Anche se sicuramente aveva bisogno di procurarsi del denaro per le sue successive mosse, la pittura definiva il suo essere ed era elemento essenziale per la sua guarigione. Il Merisi trascorse quasi quattro mesi nei feudi dei Colonna a Paliano e vi eseguì, secondo gli antichi biografi, almeno tre dipinti; la misteriosa “Maddalena in estasi”, opera chiave per l’evoluzione del barocco romano, dalla controversa identificazione e di cui esistono varie repliche; la struggente e sconsolatamente sobria seconda versione della “Cena in Emmaus”, commissionata all’artista dal marchese Costanzo Patrizi di Roma, oggi presso la Pinacoteca di Brera, a Milano; il “San Francesco in preghiera”, conservato nel Museo Civico di Cremona. Era questa la sua seconda raffigurazione di San Francesco, la terza se si contava quel primissimo dipinto con il Santo in estasi tra le braccia di un angelo adolescente, commissionato dal cardinale Francesco Maria Del Monte tra il 1597 e il 1601. Ne aveva realizzata un’altra, un San Francesco in meditazione, più robusto vestito di un saio sbrindellato, un teschio fra le mani, nell’atto di meditare sull’immortalità come Amleto nel cimitero, un altro dipinto non documentato e di più difficile datazione, ritrovato nel 1968 nella chiesa di S. Pietro a Carpineto Romano. E’ probabile che questo quadro sia stato realizzato per i Colonna, i quali avevano da sempre dei legami storici con l’ordine francescano, e nel loro palazzo che era attiguo alla Chiesa francescana dei S.S.Apostoli, veneravano la reliquia del saio del santo. La poetessa Vittoria Colonna, fu poi una grande sostenitrice dei cappuccini.
Il “San Francesco di Paliano” è un magnifico ritratto, psicologicamente intenso, un’opera ascetica, disarmata, che nulla concede alla spettacolarizzazione. Qui l’oscurità di una radura boscosa, si impadronisce del Santo, inginocchiato, il saio bruno, stracciato e rappezzato, la testa poggiata con un po’ d’affettazione sulle mani giunte; a terra gli strumenti ordinari dell’uomo pio: teschio, libro, crocifisso, triade che conduce alla salvezza dell’anima. Nella figura ascetica del Poverello d’Assisi il pittore avrebbe rappresentato se stesso in un atto di contrizione dopo l’omicidio commesso, nel tentativo di chiedere perdono a monsignor Benedetto Ala, cremonese all’epoca governatore di Roma (dal 1604 al 1610). Il quadro sarebbe stato donato al prelato nel tentativo del pittore di ottenere il perdono per il grave atto di sangue.
Questi lavori eseguiti a Paliano, segnarono un momento di radicale cambiamento della sua arte, una maggiore maturazione verso una sinteticità assoluta, capace di concentrare l’attenzione sulla profondità del tema, inducendo alla meditazione. Non vi si colgono più l’ironia e l’insolenza delle prime commissioni private romane, quelle della spensieratezza. Il Caravaggio della maturità si tinge degli accenti della disperazione del condannato a morte che tenta con ogni mezzo di guadagnarsi la grazia papale e il perdono dei peccati, quindi, il permesso di tornare a casa, poiché sentiva la Roma controriformista, quella dei papi, come la città in cui meglio avrebbe potuto esprimere se stesso. Il papa e i cardinali – e, in particolare, il cardinal Borghese – tutto avevano fatto per rendere possibile il suo ritorno. La sorte volle, invece, che non ci fosse un secondo periodo romano del Merisi che avrebbe riempito gli occhi e il cuore di nuove sue tele nelle chiese.
immagini:
Caravaggio, San Francesco in meditazione, 1605-09? Roma, Palazzo Barberini (in deposito da Carpineto Romano, Chiesa di S. Pietro).
Caravaggio, San Francesco in preghiera,1606 .Cremona, Pinacoteca Ala Ponzone.