CULTURA:
La Maddalena in Estasi di Caravaggio è un dipinto importantissimo e dal passato carico di suggestivo mistero, come lo è del resto l’intera esistenza dell’artista lombardo, che rimane ancora oggi un enigma ricco di fascino.
Come attestano tutte le antiche fonti biografiche seicentesche (Mancini, Baglione, Bellori), l’opera venne eseguita nell’estate del 1606, durante il soggiorno del Merisi nella Campagna romana,dopo la sua fuga da Roma, ospite nei feudi della famiglia Colonna, da sempre protettrice dell’artista. Lo storico dell’arte Gianni Papi, che a Caravaggio ha dedicato decine di studi, è invece convinto che la Maddalena sia stata dipinta negli ultimi mesi di vita del pittore, quindi a Napoli, nel 1610.
All’origine un quadro straordinario di una santa rappresentata a grandezza naturale e vista di tre quarti, con il corpo che affiora dalla superficie pittorica: una inquadratura, una presentazione che avrà un immenso successo per quasi tre secoli. Il suo ricordo di un corpo femminile abbandonato, entra nel vocabolario della pittura italiana, come citazione inconscia, usata da altri artisti.
Il Caravaggio portò la tela con sé quando, in seguito, si trasferì a Napoli, dove suscitò un intenso interesse fra gli altri pittori, che subito presero ad imitarla: ne venne eseguito un numero impressionante di copie e varianti; fu il più copiato di tutti i dipinti dell’artista. Ad oggi ne sono state censite almeno una ventina. Il Merisi era così affezionato a quest’opera, da portarla sempre con se, senza mai disfarsene, nelle sue peregrinazioni, e che aveva a bordo della feluca su cui iniziò l’ultimo viaggio, prima di morire a Porto Ercole, il 18 luglio 1610.
Il dipinto venne poi riportato a Napoli e riconsegnato, dal comandante della feluca, alla Marchesa di Caravaggio Costanza Colonna, la quale era ospite nel palazzo di Chiaia, del nipote Luigi Carafa Colonna, figlio di Giovanna Colonna, sorella di Costanza, e di Antonio Carafa duca di Mondragone. Il dipinto venne in seguito ereditato da Luigi Carafa Colonna. Poi, per i tre secoli successivi, di questa tela, si perdono le tracce. Per alcuni studiosi, l’opera del Caravaggio sarebbe andata perduta, l’originale è tuttavia documentato da alcune copie. Ne 1935 Roberto Longhi, lo studioso che ha riabilitato la figura di Caravaggio, ipotizza che la Maddalena a mezza figura firmata e datata 1612 dal fiammingo Louis Finson (Marsiglia, Mùsée des Beaux-Arts) possa essere un originale del Caravaggio stesso firmato Finsonius. In seguito nel 1943 si correggeva a favore di una «copia più fedele» della Maddalena del 1606, della quale segnala altre copie. Nel 1951 il Longhi pubblica la foto di una Maddalena d’ignota collezione privata, molto simile alle copie ormai note, come possibile autografo.
Nel 1972 Maurizio Marini recupera a Napoli la cosiddetta Maddalena Klain, che secondo una documentazione, venne venduta, nel 1873, dai Carafa Colonna al reverendo Michele Blando, sacrista maggiore del duomo di Napoli, quindi per successione, pervenne poi alla nipote, coniugata Klain. Per acquisto (1973) alla raccolta attuale. In seguito il Marini, dopo un accurato restauro, ad opera di Pico Cellini, e confortato anche dalla provenienza, la identifica nella tela eseguita dal Caravaggio a Paliano. Ma tale attribuzione, anche se ha avuto il beneplacito dal ministero dei Beni culturali nel 1978, non ha però riscosso un parere unanime da parte degli altri studiosi.
Nell’ottobre 2014, in un’intervista a Repubblica, Mina Gregori, la massima esperta dell’artista lombardo, ha reso noto il ritrovamento in Olanda di un quadro raffigurante il medesimo soggetto e da lei riconosciuto quale vero autografo e originale di Caravaggio. «La Maddalena Klain – secondo la studiosa – rappresenta una donna non più giovinetta, quella qui rappresentata, invece, raffigura una giovane poco più che adolescente, la stessa che riprende Finson nella sua copia a Napoli. La composizione dello spazio, l’incarnato del corpo di toni variati, l’intensità del volto, i polsi forti e le mani di toni lividi con mirabili variazioni di colore e di luce e con l’ombra che oscura la metà delle dita sono gli aspetti più interessanti e intensi del dipinto. E un’altra differenza è nelle pieghe lunghe della camicia, ottenute con una sola pennellata vigorosa, larghe e libere, tipiche del Caravaggio».
Le due Maddalene presentano comunque delle diversità iconografiche: quella Klain mostra un pagliericcio di sterpi su cui si appoggia la figura, mentre in quella Gregori, così come in tutte le più note copie conosciute, esso è sostituito da un teschio. In quest’ultima, in alto a sinistra, è presente anche un Crocifisso, come nella versione Finson a Marsiglia, mentre nella Klain spuntano foglie di una vegetazione. A ciò va aggiunto il fatto che la Maddalena Klain presenta, alle radiografie, un pentimento nel brano della postura delle mani, e nell’intreccio delle dita. Ma anche nella Gregori sarebbero presenti alcuni ripensamenti: la spalla destra della santa, ora nuda, era in prima stesura coperta dalla camicia e il manto rosso era più esteso nel margine sinistro della tela.
Alla fine del ‘600 la Maddalena, identificata dalla Gregori, lasciò Napoli per Roma, come testimonia un timbro di ceralacca della dogana di terra della città papale apposto sul retro della tela. Una volta giunta a Roma, l’opera è poi finita nella collezione di una famiglia olandese, e li è rimasta di generazione in generazione. Ed insieme al quadro, è stato rinvenuto anche un biglietto con grafia seicentesca: «Madalena reversa di Caravaggio a Chiaia ivi da servare pel beneficio del Cardinale Borghese di Roma». Secondo la studiosa questo documento confermerebbe in modo definitivo l’identificazione e l’attribuzione del quadro.
Il biglietto manoscritto è stato in seguito analizzato anche nei laboratori delle Università di Tor Vergata e dalla Sapienza di Roma. Dalle indagini diagnostiche non distruttive è emerso che la carta e l’inchiostro sono antichi e la grafia seicentesca. Inoltre, la ricercatrice Francesca Curti è riuscita a risalire anche ai proprietari del dipinto nel Settecento. Si tratta dei Canali, un’importante e facoltosa famiglia perugina di mercanti di seta che ricopriva cariche di prestigio nell’amministrazione pontificia e cittadina. La presenza della Maddalena nelle collezioni di famiglia è testimoniata anche dalle guide locali dell’epoca, anche se l’attribuzione non era al Merisi. Le ricerche, tuttora in corso, hanno messo in evidenza anche lo stretto legame esistente tra questa famiglia, di origini napoletane, e i Colonna di Paliano, per motivi di affari inerenti il commercio della seta, un’attività nella quale questi ultimi erano coinvolti sin dalla fine del Cinquecento. E’ facile ipotizzare che, per uno scambio economico, i Colonna abbiano ceduto la Maddalena ai mercanti poi trasferitisi a Perugia alla fine del Seicento.
In conclusione, non si può neanche escludere che il Merisi abbia realizzato due redazioni di questa straordinaria iconografia (differenti solo per l’assenza o la presenza del teschio), una nel 1606 nei feudi laziali dei Colonna (quella ex Klain), e una a Napoli nel 1610, destinata a Scipione Borghese (quella cosiddetta Gregori).
Immagini di copertina:
Caravaggio? Maddalena Klain, Roma, collezione privata (dettaglio)
Caravaggio? Maddalena in estasi, attribuita da Mina Gregori (dettaglio)