STORIE:
53esimo giorno. E’ arrivato. Il 3 maggio è arrivato, sta per partire la fase 2. L’allentamento del regime restrittivo stabilito dal governo l’8 marzo sull’intero territorio nazionale sancirà da domani la graduale ripresa dell’attività lavorativa (per chi ancora un lavoro ce l’ha) e del parziale, oltre che condizionato dall’uso dei dispositivi di sicurezza, ricongiungimento con gli affetti più cari. No, non è andato tutto bene. Il Covid-19 sembra essere in ritirata dall’Italia e Dio non voglia ci sia riservata un’ondata di ritorno, ma il mantra “andràtuttobene” ripetuto dai balconi, colorato con gli arcobaleni sulle lenzuola appese, fotografato sui social e sventolato con un sentimento quasi di abbandono a una chimerica speranza di passare incolumi attraverso lo spettro della pandemia, non ha sortito gli effetti bramati. Il virus ha provocato morte (ad oggi, stando alle statistiche ufficiali, i decessi legati al Coronavirus in Italia sono stati oltre 28mila) e una ferita socio-occupazionale che sarà difficile da sanare. Ci ha aperto le porte delle sale di rianimazione, ci ha fatto scoprire che infermieri, medici, volontari sono il cuore pulsante e generoso di un’Italia che lavora sodo, che non si arrende e che è pronta a ripartire.
Sono stati giorni duri per me, duri ma utili. Ho ramazzato casa, ho fatto lavori di giardinaggio, ho lavato la macchina, ho ripreso la lettura de I Promessi Sposi (sono ancora all’XI capitolo ma la fase 2 si prevede lunga), sono stata virtualmente alle scuderie del Quirinale per apprezzare i capolavori di Raffaello, ho imparato a fare la pizza, ho sentito tanti amici e amiche, ho cercato di resistere 30 minuti sulla cyclette (gli effetti tardano a manifestarsi causa manicaretti vari), ho pregato, ho pianto, ho gioito di ciò che di bello la vita ha ancora da offrirmi. Ho lavorato, ho imparato ad usare nuove parole straniere, come lockdown, cluster e body shaming, perché oggi se dici “confinamento”, “gruppo” e “derisione del corpo” tradisci l’intenzione invisa di non volerti globalizzare a tutti i costi. Ho scoperto che per “congiunto” bisogna intendere “i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge). Ho appreso, mio malgrado, che le chiese e i cimiteri sono luoghi di assembramento mentre fare la fila davanti al supermercato discettando con gli altri clienti di accessi al pronto soccorso, del vaccino per il Covid-19 o della scuola a distanza allunga la vita.
Il blog è servito a fare i conti con Annalisa. Specchiandomi nelle storie raccontare e nei flash delle giornate vissute, ho trovato una me che conoscevo abbastanza ma conoscere se stessi non è mai abbastanza. Raccontarmi è stato soprattutto ricevere: messaggi di affetto, condivisione di paure, promesse di cose da fare quando sarà finito tutto. Mi è tornata indietro una risposta di comprensione dei sentimenti provati e delle situazioni vissute che ho provato a trasformare in parole. Ho ritrovato alcuni amici e ne ho persi altri. Ho capito che spesso il salvagente può arrivare attraverso barconi improvvisati e che solo chi tiene davvero a te non ti abbandona nei momenti più difficili.
Chiudo la fase 1 con una bellissima poesia di Mahtma Gandhi facendomi un augurio: che questo tempo di “prova” possa essere come un faro che segnala e avverte della presenza degli altri, per cogliere nei piccoli gesti e nei sentimenti autentici il senso di una vita che ha valore solo se viene donata.
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.
Annalisa Maggi
Io ho sempre preferito dire
#celefaremo…
andrà tutto bene.. non mi è piaciuta sin dall’ inizio.. ho subito pensare.. “ballo a dire agli affetti dei quasi 30.000 morti (soli).. che andrà tutto bene..
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condivido, Michela
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nessun problema
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