CULTURA:
Associazioni religiose di laici, nate in epoca medievale (dal X al XIII e oltre) come unioni di preghiera in stretta relazione con le comunità monastiche, le confraternite si adattarono nel corso dei secoli alle molteplici esigenze della società, scegliendo la via dell’impegno sociale e svolgendo funzioni di alto valore civico, sovrapponendosi talvolta ad altre organizzazioni come ad esempio le corporazioni.
Molte di esse divennero importanti e portarono un contributo non indifferente non solo nella lotta contro le eresie, ma anche per contrastare il protestantesimo nei vari Stati della penisola. Numerose furono le confraternite che forti dal punto di vista finanziario contribuirono efficacemente allo sviluppo sociale, artistico ed economico delle città e dei paesi in cui erano inserite. Ad esse infatti si devono l’erezione di ospedali, ospizi per poveri e pellegrini, orfanotrofi e conservatori per ragazze in pericolo, di chiese, oratori e monumenti, nonché la organizzazione e la gestione di scuole per diffondere la conoscenza di mestieri e l’educazione religiosa, ed infine, ma non ultimo, per gestire luoghi di sepoltura. Notevolissimo è stato poi l’apporto che esse hanno dato allo sviluppo delle arti, commissionando agli artisti per le loro sedi, sculture, dipinti, oggetti pregiati e di culto.
Anche Paliano può vantare un’antica tradizione di associazioni confraternitali, fondate allo scopo di promuovere l’aggregazione tra fedeli per esercitare opere di carità o sviluppare attività spirituali e devozionali. In alcuni documenti del XVII secolo, riguardanti delle visitatio pastorali, su incarico dell’allora Vescovo di Palestrina, ne troviamo elencate diverse di queste associazioni: la Confraternita dell’Annunciazione; la Confraternita del Suffragio; la Società del Santo Rosario, del Gonfalone e del Santissimo Sacramento.
Il sodalizio dell’Annunciazione doveva essere indubbiamente il più ricco e numeroso, avendo la sua sede nell’oratorio presso la Porta Napoletana, dove i suoi iscritti si ritrovavano. Fine principale della Confraternita era il culto praticato in modo speciale dai confratelli verso Maria SS dell’Annunziata. L’oratorio venne costruito nel 1602 sull’area della casa di una certa Maria Antonia Porzia Iacovella la quale stabilì, nel suo testamento attraverso una clausola, che vi fosse costruita la struttura religiosa con l’obbligo di celebrare tre messe a settimana (donazione pro anime). Le spese per la manutenzione dell’altare, delle lampade e per le altre necessità della struttura erano sostenute dai confratelli. All’interno dell’oratorio, al tempo, era presente l’altare di Sant’Omobono, nella cui pala erano raffigurate le immagini della Beata Vergine, di S. Antonio e Sant’Omobono, protettore dei mercanti e dei sarti.
Anche la Società del Gonfalone o della Beata Maria Vergine era dotata economicamente, possedendo molti beni in territorio di Paliano, risultato di lasciti testamentari e doni elargiti a suo favore. Lo si nota anche dall’ornamento e dall’architettura con marmi pregiati, della Cappella del Crocifisso, fatta realizzare dalla Confraternita nella Collegiata di S. Andrea. Il sodalizio, associato all’Arciconfraternita del Gonfalone di Roma, si occupava della gestione dell’ospedale ed aveva la sua sede presso l’attigua chiesa di Santa Maria Nova (dal 1772 dedicata a S.Anna), detta anche “della Frusta”, per l’usanza dei confratelli di flagellarsi in pubbliche processioni di penitenza. Le altre associazioni, evidentemente meno numerose, possedevano soltanto una stanzetta dove poter riporre l’occorrente per le processioni e altre suppellettili necessarie all’attività delle stesse. Presso la Collegiata di S. Andrea si conservano ancora tre stendardi processionali di grosse dimensioni, appartenenti ad alcuni di questi sodalizi.
Associata alla Confraternita dell’Annunciazione, vi era poi la Compagnia della Buona Morte, promossa nel 1703 dal predicatore missionario Padre Antonio Baldinucci, della Compagnia di Gesù, ed operante fino alla fine degli anni ’40 del secolo scorso. Scopo principale della Compagnia era quello di partecipare ai funerali dei confratelli deceduti e di pregare per la salvezza delle loro anime. Gli appartenenti a questo sodalizio venivano chiamati in gergo dialettale Babbalòtti perché, durante le cerimonie funebri, indossavano una nera tunica (detta sacco), lunga fino ai piedi con un cappuccio calato a nascondere il volto. Sul loro stendardo, che veniva esibito nel corso delle processioni o dei riti funebri, campeggiava il motto Memento mori e vi era rappresentata la morte con la falce ed una clessidra con le ali, a simboleggiare il tempo che fugge via. L’associazione era regolata da un proprio statuto e, versando una quota annuale, ogni iscritto poteva usufruire della presenza dei confratelli al proprio funerale o a quello di un congiunto; ma chiunque ne facesse espressa richiesta poteva assicurarsi tale servizio. Durante la cerimonia funebre, i membri del sodalizio si collocavano intorno al feretro recitando orazioni e poi, al termine del rito, accompagnavano la bara fuori la chiesa e seguivano il corteo funebre fino alla piazza d’Armi ai Cappuccini, dove il sacerdote dava l’ultima benedizione alla salma ed il capo-congrega della Compagnia, se richiesto, poteva recitare un necrologio in onore del defunto.
Secondo un censimento di qualche anno fa, le associazioni confraternitali ancora operanti su tutto il territorio nazionale, sarebbero oltre ventimila; ma realisticamente, si stima che siano almeno il triplo. E’ un’Italia parallela, che conosciamo appena e che sopravvive da più di mille anni. Soprattutto le confraternite del Terzo Millennio continuano a preservare, sotto cappucci, mozzette e corone di spine, quella lunga storia di devozione e solidarietà che, nonostante tutto, continua a permeare il carattere degli italiani.
Immagine di copertina: Wilhelm Gail, I Sacconi a Venezia , incisione a bulino su rame, 1840.