Quando a Paliano c’erano i Longobardi

Quando a Paliano c’erano i Longobardi

CULTURA:

Partiti dalla Pannonia (l’odierna Ungheria) in cui si erano precedentemente insediati, i Longobardi, di stirpe germanica, con al seguito vari popoli, tra cui Sassoni e Bulgari, fecero il loro ingresso in Italia nel 568 d.C. restandovi più di 200 anni, sino al 774 d.C. La loro presenza contribuirà in maniera rilevante a formare quella che sarà l’identità italiana dei secoli a venire: all’eredità longobarda siamo infatti debitori di usi, toponimi, nomi, leggi, conformazione del paesaggio e forme artistiche il cui retaggio è ancora vivo.

Il Regno Longobardo, esteso su gran parte dell’Italia, riducendo di molto i possessi bizantini, da occupazione militare si trasformò, nel volgere di pochi anni, in uno Stato con una società differenziata e una gerarchia legata alla proprietà fondiaria.

Le città conquistate, sede dei duchi e dei gastaldi, divennero essenzialmente centri militari di controllo del territorio. Le campagne, invece, requisite secondo la regola della hospitalitas (ovvero il diritto di acquisire la terza parte delle proprietà dei latini), vennero organizzate sulle arimannie: territori rurali gestiti da arimanni che curavano, oltre l’aspetto militare, le risorse economiche e produttive impiegando manodopera contadina indigena.

Con il passare del tempo la separazione con la popolazione locale si affievolì e i Longobardi assimilarono sempre più gli stili di vita della classe dirigente sottomessa; in particolare dopo la conversione al cattolicesimo, compariranno nelle città e nelle campagne nuove forme monumentali di rappresentazione del potere. La stragrande maggioranza della popolazione continuò tuttavia a risiedere in campagna, in villaggi fatti di capanne di materiale deperibile di cui restano pochissime testimonianze archeologiche.

L’economia rurale longobarda si basava solo in piccola parte sulla quantità agricola prodotta, ma principalmente sull’allevamento brado di ogni tipo di bestiame. Lo stesso censo longobardo si misurava sul possesso di bestiame e sull’entità dei terreni volti al suo allevamento. Questo tipo di cultura agricola ebbe un forte impatto paesaggistico sul territorio, che da coltivato estensivamente, lavorato e plasmato all’uso latino, si trasformò nel paesaggio incolto, boschivo e acquitrinoso necessario all’economia rurale longobarda.

Questo nuovo uso del territorio è rimasto impresso nella toponomastica attuale. Infatti i Longobardi avevano il costume di nominare i terreni in base alla descrizione della loro conformazione fisica, giuridica/fiscale, o alla relativa destinazione d’uso; raramente davano prediali.

In mancanza di documentazione letteraria o testimonianze archeologiche, non abbiamo la possibilità di conoscere con precisione cosa avvenne nel territorio di Paliano, a livello politico e amministrativo, nel corso della dominazione longobarda. Attraversato da un’antica via di transito, mercantile e militare, nonché di transumanza, di collegamento tra l’Alta Valle del Sacco e il versante abruzzese degli Appennini, è probabile che buona parte del territorio si trovasse sotto l’influenza del gastaldato dei Marsi, facente parte del Ducato di Spoleto, i cui confini furono spesso incerti e mutevoli durante l’esistenza del Regno longobardo. Quello che sappiamo però è che nel nostro territorio sono presenti alcuni toponimi il cui etimo si può far risalire a termini longobardi:

Alamà (o Alemanni), da arimanno, ‘uomo libero, proprietario’; Mèrcari, riconducibile al genitivo marcarii, un ‘addetto ai confini’, derivato da marca ‘confine, terra di confine’ con suffisso latino –arius; è forse da mettere in relazione con il probabile insediamento longobardo di Poggio Romano. L’appellativo ‘romano’ è, infatti, anche una delle forme in cui si presentano i derivati dal germanico latinizzato arimannus ‘uomo libero longobardo addetto alla milizia ed avente diritto all’assegnazione delle terre’. A questi andrebbero aggiunti anche Colle Rampo, da Rampus, antroponimo germanico; Valle Varaneri, forse da walawarda ‘luogo sorvegliato’, ovvero di località posta in sito sopraelevato rispetto al territorio circostante; Zancati, da zanka, ‘tenaglia’ affine al latino medievale zanca ‘gamba’; Ponte della Massa, che in latino identifica la ‘tenuta’ (da cui Masseria), di grande estensione formata da numerosi fundi (poderi) coltivati dai coloni. Nel X secolo si trasformano in feudi e il centro maggiore si fortifica e accoglie la residenza del signore. Il termine venne adottato dai Longobardi, con la confisca di tutte le terre dopo la conquista, nelle successioni e nelle donazioni; La Bufola e Colle Bufalo, animale non allo stato brado che, introdotto in Italia dai Longobardi, trovò il suo habitat naturale nelle terre paludose; Porcareccia, da porgahagi o pergahagi, che erano i boschi di querce dove i longobardi usavano portare branchi di por o per, cinghiali semidomestici. Per i longobardi le querce non rappresentavano solo l’archetipo indoeuropeo dell’albero sacro alla suprema divinità maschile, ma erano anche gli alberi che davano nutrimento al loro animale totemico, il cinghiale, simbolo di forza, audacia e coraggio; Valle Palomba, forse ad indicare la presenza in zona di un cimitero. Era, infatti, consuetudine longobarda contrassegnare le tombe degli arimanni con una sagoma di colomba (simbolo dell’anima) posta sopra una pertica di legno; il toponimo Ticchia, potrebbe derivare da teclatura, ossia incisione di un albero come segno di confine di una proprietà (teclatus). Il vocabolo, di origine longobarda, era già presente nell’Editto di Rotari del 643 (ticlatura aut snaida). Infine, Sant’Angelo in petra lata; dopo la conversione al cattolicesimo si diffuse tra le popolazioni longobarde una particolare venerazione verso l’Arcangelo Michele. A lui furono attribuite le virtù guerriere adorate nel dio germanico Odino, e gli furono dedicati diversi edifici religiosi in tutta Italia.

Immagine di copertina: Guerrieri longobardi. Particolare da Exultet beneventano (X sec.)

Approfondimenti: Azzara C., I Longobardi, Il Mulino, 2019 .⁄  Francovich Onesti N., Vestigia longobarde in Italia. Lessico e antroponimia, Artemide Roma 2013  ⁄  Gasparri S., Italia Longobarda, Laterza, Roma-Bari 2012  ⁄  Melucco Vaccaro A., I Longobardi in Italia, Longanesi, Milano 2007.

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