CULTURA:
Oggi, nella liturgia cristiana occidentale, l’Epifania celebra la manifestazione di Dio agli uomini nel suo Figlio, del Cristo ai Magi. Ma inizialmente questa festa, nata in Oriente intorno al 120-140 fra gli gnostici basilidiani, celebrava il battesimo di Gesù. Il 6 gennaio era la data paleoegizia del solstizio invernale nella quale tradizionalmente si festeggiava il nuovo sole. Fu dunque naturale celebrare l’«incarnazione» del Cristo in quella data simbolica; analogamente i cristiani di Roma fissarono più tardi il Natale nel giorno in cui si celebrava la nascita del Sol Invictus. Poi la festa venne adottata dalle Chiese orientali purificata dagli elementi gnostici: sicché si trasformò nella quadruplice celebrazione della nascita del Cristo, dell’adorazione dei Magi, del suo battesimo e del primo miracolo a Cana. E anche il nome mutò significato: inizialmente era Epipháneia, ovvero in greco «apparizione» e in senso traslato «manifestazione sensibile di una divinità». Il battesimo del Cristo, secondo gli gnostici basilidiani, era dunque una Epipháneia.
Le Chiese cristiane orientali la modificarono poi in tà Epiphánia, le Epifanie, per indicare le varie «manifestazioni» del Cristo: la nascita, il battesimo e il primo miracolo di Cana.
La festa delle Epifanie si diffuse intorno al secolo IV in Occidente, e all’inizio del V fu adottata a Roma dove si modificò perché nello stesso periodo, come si è ricordato, la Chiesa romana aveva cominciato a celebrare il Natale del Cristo il 25 dicembre: divenne prevalentemente la celebrazione della venuta dei Magi e fu tradotta in Epiphânia, «manifestazione» – al singolare -, oppure in Manifestatio (Fulgenzio) o in Festivitas declarationis (san Leone Magno); ma vi si univa inizialmente anche il ricordo del battesimo di Gesù e del suo primo miracolo a Cana.
Nel secolo V era ormai popolare a Roma, come dimostrano vari Sermones di papa Leone Magno letti in occasione della festa. «Una stella più fulgente delle altre» diceva il papa «attira l’attenzione dei Magi, abitanti dell’Estremo Oriente. Essi erano uomini non ignari nell’arte di osservare le stelle e la loro luminosità, per questo compresero l’importanza del segno. Certamente operava nei loro cuori la divina ispirazione…». I Magi, soggiunge in un altro sermone, erano stati istruiti anche dall’oracolo di Balaam: «Un astro spunterà da Giacobbe, uno scettro sorgerà da Israele». Come si ricorderà, Balaam è descritto nell’Antico Testamento come mago e indovino; ebbene, molti esegeti cristiani affermavano che l’istituzione dei Magi risaliva a Balaam, che identificavano con Zoroastro. Papa Leone Magno sembra accettare questa interpretazione: ancora una volta si rivela la fitta trama di connessioni fra la religiosità iranica e il cristianesimo.
Infine san Leone Magno offre dell’Epifania il suo profondo significato: «…è il segno sacro di quella grazia e l’inizio di quella vocazione per cui non solo nella Giudea ma in tutto il mondo si sarebbe predicato il Vangelo», soggiungendo: «Ciò che era iniziato nell’immagine si compie ora nella realtà. Infatti, irraggia dal cielo, come grazia, la stella, e i tre re Magi, chiamati dal fulgore della luce evangelica, ogni giorno in tutte le nazioni accorrono ad adorare la potenza del sommo Re».
Tutti questi temi confluirono in vari testi medievali, dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine all’Historia Scholastica di Pietro Comestore e alle Meditationes, un testo erroneamente attribuito a san Bonaventura da Bagnoregio, ma riconducibile all’ambiente francescano toscano verso la fine del secolo XII. Le Meditationes giustificano la data del 6 gennaio raccontando che «nel tredicesimo giorno della sua nascita Gesù Bambino si manifestò ai Gentili, cioè ai Magi, che erano pagani». E soggiungono che il motivo per cui si deve festeggiare l’Epifania è che «oggi la Chiesa viene ricevuta da Lui nella persona dei Magi poiché la Chiesa è formata dai Gentili, cioè dai pagani. E il giorno della sua nascita Egli apparve ai Giudei, personificati dai pastori, ma solo pochi Giudei accolsero il Verbo, ovvero il Figlio di Dio. Oggi Egli appare ai Gentili, o pagani, e questa è la Chiesa degli Eletti».
Mentre l’Epifania, penetrata in Occidente, diventava prevalentemente la festa della rivelazione di Gesù al mondo pagano, in Oriente la diffusione del Natale «romano» che cadeva il 25 dicembre trasformava tà Epiphánia, le Epifanie, nella celebrazione del battesimo del Cristo nel Giordano e del primo miracolo.
Nella ricorrenza del 6 gennaio sono presenti in Italia due usanze che sembrano collegarsi a tradizioni precristiane. Prima che si affermasse la consuetudine dei regali natalizi ai bimbi, ai quali si raccontava che li aveva portati Gesù nella notte, erano i Re Magi ad avere questa funzione all’Epifania, in ricordo dei tre doni offerti al Bambino per eccellenza. In Italia invece si è avuto uno sdoppiamento: Gesù Bambino è diventato il dispensatore dei regali importanti mentre una figura anomala e non inquadrabile nella tradizione cristiana, la Befana, porta regalucci e addirittura carbone se il bambino non si è comportato bene nell’anno appena trascorso.
La Befana è rappresentata in una vecchia brutta che vola su una scopa come una strega, ma tenendo il manico davanti a sé: una vecchia benefica e, tutto sommato, simpatica che scende di notte per la cappa del camino e lascia nelle calze o nelle scarpe dei bimbi doni, dolci e talvolta, come si diceva, carbone. Il suo nome deriva dall’aferesi del latino Epiphânia, che diventa dapprima Pifania, poi Bifania, Befania e infine Befana: tentativo evidente di cristianizzare il misterioso e inquietante personaggio trasformandolo nella personificazione femminile della festa. Ma – ci si domanderà – perché scegliere una vecchia a rappresentare una festa che celebra la nascita del Bambino? E perché mai in alcune feste popolari dell’Epifania si usa segare o bruciare la Befana? Se pensiamo che fino a non molti secoli fa l’anno legale cominciava sia all’inizio di gennaio che all’inizio di marzo oppure all’Annunciazione, si capisce come l’usanza sia collegata in realtà al passaggio da un anno all’altro. E allora si può proporre un’ipotesi interpretativa: la Befana è la sopravvivenza di una figura arcaica, simbolo di Madre Natura che, giunta alla fine dell’anno invecchiata e rinsecchita, è una «befana», una «comare secca» da segare o da bruciare. Segata, offre una cascatella di dolciumi e regalini, che altro non sono se non i «semi» grazie ai quali risorgerà a primavera come giovinetta Madre Natura. Bruciata, offre carbone che, simbolicamente è l’energia latente nella terra, pronta a rivivere col nuovo sole. Come la luna, altro simbolo della Grande Madre, muore diventando «nera» per rinascere falce virginea, così la Befana muore per rinascere giovinetta fiorente.
Immagine di copertina: Andrea Mantegna, Adorazione dei Magi, 1497-1500, Getty Museum, Los Angeles.
Riferimenti bibliografici: A. CATTABIANI, CALENDARIO, Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno, A. Mondadori Ed. Milano, 2003.