ATTUALITA’
Se fosse un principio del morbo di Alzheimer sarei un caso clinico perché è da tempo immemore che ricordo di non ricordare. Insomma, faccio fatica a memorizzare nomi, situazioni, concetti, ricette di cucina (per fortuna esiste la rete internet perché dimentico di avere anche un’enciclopedia della cucina italiana). Credo di essere una testimonianza credibile di memoria selettiva intesa come tendenza a incursioni, sporadiche ma nostalgiche, nel passato. Da uno di questi tripli salti carpiati all’indietro spunta una minuscola chiesetta di montagna dove è in corso la rappresentazione del dramma di Diego Fabbri “Processo a Gesù”. Alla fine del primo atto gli attori si ritirano dalla scena per la pausa. Passano alcuni minuti e per rappresentare l’intermezzo, che è un esempio di teatro nel teatro, i due interpreti principali irrompono sulla scena recitando.
– Che fai adesso?
– Me ne vado. Questa è la volta che me ne vado!
– Aspetta, Sara. Non lasciarti prendere dall’impulso.
– Che impulso! Me ne vado subito Proprio tu vuoi trattenermi…
Mentre i due continuano a litigare animatamente si avvicina una vecchietta alla protagonista ed esclama: “Tocca, Ni’, essi brava: mo’ finisci chello che sta a fa’ e po te nne va”.
E’ stato in quel preciso istante che ho intuito il valore dell’arte teatrale come forma di rappresentazione realistica delle umane vicende. E da allora, oltre a quelli delle origini (il mio papà è nato a Serrone) e dell’infanzia, ho sempre legato a Serrone i ricordi dell’indegna militanza in una compagna teatrale amatoriale guidata dallo scrittore attore e regista Tarcisio Damizia di La Forma (frazione di Serrone, di nuovo Serrone), grazie alla quale mi sono dilettata per anni tra copioni da imparare, battute da suggerire e allegre serate di prove tra amici. Forse anche per questo ho scelto di partecipare all’inaugurazione del piccolo teatro naturale ricavato qualche anno fa da una rientranza del muro che costeggia il parco di San Rocco proprio a Serrone. Un mozzico di palcoscenico davanti al quale si apre lo spettacolo di un panorama mozzafiato che abbraccia una porzione della Valle del Sacco.
A inaugurare l’”Arena – Teatro comunale Nino Manfredi”, su proposta dell’Associazione Culturale “Rocca D’Oro”, è stato il figlio di Nino, il regista Luca Manfredi.

E’ stato emozionante vederlo accanto alla figura stilizzata in ferro, realizzata dallo scultore-artigiano 94enne Giuliano Orlandi, che riproduce l’indimenticabile attore nato a Castro dei Volsci 101 anni fa. Adesso ci verrebbe ancora di più un friccico n’er core se quelle pietre potessero cominciare a ospitare una rassegna teatrale: sarebbe il modo migliore per educare al teatro e trasmettere quella passione per il palcoscenico e per la macchina da presa, così magistralmente messa a frutto da uno dei massimi rappresentanti della commedia all’italiana, ad altri inconsapevoli Saturnino, in arte Nino.
Annalisa Maggi