CULTURA:
« Non v’ha dubbio che moltissimi luoghi in Italia e altrove traggono la loro origine da nomi di persona antichi […]. Si può supporre che, nella massima parte, essi spettino all’epoca romana o tardo-antica […]. La categoria antroponomastica più importante , anche a fini storici, è indubbiamente costituita dai cosiddetti toponimi prediali o fondiari; essi sono molto comuni e ci consentono di trarre sovente deduzioni di ordine antropogeografico e storico circa il processo e l’intensità (o la scarsità) di romanizzazione. Tali toponimi, facilmente individuabili, si accompagnano generalmente alle tracce di centuriazione (parcellizzazione del terreno); dallo studio congiunto topografico (spesso anche archeologico) e toponomastico si possono trarre indizi o prove importanti anche in assenza di fonti storiche dirette»(G.B.Pellegrini, Toponomastica italiana, Hoepli,1990, p.305).
Come è ormai noto, i toponimi prediali si rifanno al nome del proprietario. Sono formati da un personale latino, più suffissi vari, in genere –anus: Paliano ha all’origine Paullus attraverso un “praedium Paullianus” che designa sia la proprietà fondiaria assegnata sia i coloni che la lavorano. Tale denominazione sopravvisse ai successivi passaggi di proprietà, donazioni o eredità, il nome del primo assegnatario divenne pertanto il nome del fondo. È possibile ipotizzare che a ognuno di questi prediali corrispondesse anche una villa rustica, ovvero un territorio agricolo assegnato, e che tali poderi con fattorie che hanno dato origine alla maggior parte dei prediali attualmente esistenti, quando hanno trovato in antico particolari condizioni topografiche, geologiche e storiche favorevoli, sono cresciuti nel tempo fino a formare villaggi e paesi (si veda Perché Paliano si chiama così del 22.02.18).
L’analisi delle fonti storiche, soprattutto dei testi di Catone, Varrone e Columella, porta alla considerazione che i romani intendevano indicare col termine “villa rustica” l’attuale fattoria agricola. Nel caso che non si tratti di una fattoria relativa alla piccola proprietà contadina, ma di una villa vera e propria, residenziale, di un proprietario di un fondo di media e grande dimensione, gli scrittori latini chiamano “villa rustica” la parte dell’abitazione campestre, dove si trovano i locali adibiti alla conservazione e lavorazione dei prodotti del suolo, e “villa urbana” la residenza padronale, sempre facente parte di un unico complesso edilizio.
Le fonti letterarie citate danno anche le indicazioni per l’acquisto e la costruzione della villa, specificandone la posizione e l’orientamento dei singoli ambienti: la villa deve essere edificata su un colle a mezza costa o ai suoi piedi, orientata al sole e ai venti benefici e deve essere costruita in rapporto alle necessità del fondo. Il sistema costruttivo era in opera a sacco (con cortine in opera incerta e poi in reticolato), su base in oprera poligonale o in opera quadrata a seconda della roccia impiegata; gli ambienti interni e soprattutto i locali rustici erano in muratura a mattoni crudi con pavimento a cocciopisto o in pietra soprattutto nel caso delle stalle.
Quando è edificata su un pendio, la villa si erge generalmento su un basamento, costituito per lo più da ambienti voltati; si tratta della basis villae, la cui fronte poteva presentarsi nella forma di un portico e contenere strutture di servizio. La villa può essere circondata da giardini terrazzati su cui si affacciano i portici che incorniciano le fronti della basis e della pars urbana. Il giardino signorile per eccellenza è il ginnasio detto anche palaestra. Parte essenziale del ginnasio erano in Italia il portico, a volte il criptoportico (corridoio sotterrano con finestre sulla volta a fior di terra), i viali e i giardini, magari decorati da aiuole e statue in marmo. Se non vi erano sorgenti d’acqua, la villa era provvista di un pozzo con la sua rota aquaria e di una vasca; tramite questo pozzo era così possibile alimentare le cisterne, soprattutto per la stagione secca (B. Vitali Rosati, La villa rustica romana, edizioni GAR, Roma).
E, a proposito di sorgenti d’acqua, consultando il brogliardo e la mappa urbana di Paliano del catasto gregoriano del 1819, ho trovato un toponimo denominato “Acquasanta”, localizzato dove ora sorgono gli edifici scolastici, a un centinaio di metri dalla piazza. È molto probabile la presenza, un tempo, di una sorgente, forse di tipo termale. La zona in questione era infatti ricca di acqua. Poco più a sud troviamo la “cisterna penta”, l’unica che aveva “l’acqua viva”, cioè sorgiva, ed ancora più giù, la località “Fontanelle” con la presenza, un tempo, di risorgive e fontanili. Ora, di tutto questo non vi è più traccia da molto tempo, a causa dell’ampio rimaneggiamento della locale morfologia del territorio ampiamente urbanizzato.
Nel maggio del 1990, durante alcuni lavori di sistemazione della Piazza, venne alla luce un tratto di muro rivestito in opus reticolatum, ufficiosamente datato, dalla Soprintendenza, al I secolo a.C. Questo ritrovamento fece allora tornare alla memoria dei più anziani, identici reperti esistenti nel dopoguerra sul podere “Baciletto”, pressoché alla stessa quota di quello rinvenuto nella piazza.
Nel corso del convegno del 7 ottobre 2017, organizzato a Paliano dalla Parrocchia di S. Andrea per celebrare il VI centenario dell’elezione al Soglio pontificio di Martino V Colonna, la Dott.ssa Tiziana Checchi, storica dell’arte e archivista presso l’Archivio storico dell’Abbazia Territoriale di Subiaco, rese noto un documento del dicembre 1562, nel quale un certo Giacomo Filippo Abbatonio, tra notizie varie, comunicava a Marcantonio II Colonna che a Paliano, nel far una cisterna su la piazza «erano state scoperte tre conserve antique di 22 palmi lunghe l’una et 15 alti con loro archi, inastricate bellissime». In pratica, durante i lavori di scavo, erano venuti alla luce degli ambienti voltati antichi, probabile basamento di una villa o domus romana che sorgeva sull’attuale piazza, a mezzacosta della collina, e con esposizione a SE. Una struttura edilizia terrazzata, forse con ambienti termali, pertinente ad un fundus Paullianus.
Secondo la mia ipotesi, è attorno a questa struttura terrazzata che, nella tarda antichità, viene edificato il primo nucleo del centro urbano di Paliano, in continuità con l’insediamento classico. In seguito, prima una chiesa, antesignana della Collegiata di S. Andrea, poi una postazione fortificata, si sono insediate nello stesso luogo. Stando a un documento del XVIII secolo ( R.Salvatori, Il Forte di Paliano, Annales 2014; p.11, n.14), l’area compresa tra il campanile dell’attuale chiesa di S. Andrea e la cripta dei Colonna, era infatti conosciuta come La rocca diruta.
Già lo storico Giuseppe Tomassetti (1848-1911) sosteneva che i paesi medioevali «non si svolsero nello stesso luogo di città antiche, come Praeneste, Tibur etc, ma da centri agricoli nuovi formatisi nel medio evo sopra ville antiche, o semplicemente attorno a proprietari ecclesiastici o feudali, e che giunsero ad un’autonomia completa con l’industria di campagna».(Campagna Romana, Vol.1,1910, p.188).
Successivamente, a partire dal secolo X, con quella che gli storici chiamano fase dell’incastellamento, un fortificazione (castrum) si insedia sulla sommità della collina di Paliano, su di un’ area già occupata precedentemente da un monastero benedettino (Chiesa di S. Angelo in fundus petralata), per controllare militarmente ed economicamente un popolamento urbano già esistente ed in forte continuità con l’insediamento classico e tardoantico.
Achille Pacciani
Immagine: Mosaico di una Villa romana e piantagioni, Museo del Bardo, Tunisi.